Tutto è pronto per il debutto dell’Iva nello stato insulare di Saint Lucia: l’arcipelago caraibico, il quale fa parte della monarchia britannica, si è infatti avventurato in una serie di novità molto interessanti dal punto di vista tributario, in primis proprio questo esordio, con l’imposta locale (Value Added Tax, meglio nota come Vat) che andrà a beneficiare di una aliquota pari a quindici punti percentuali. Tra l’altro, non si tratta di una novità qualsiasi, in quanto il paese era l’unico a non essere interessato dall’applicazione del tributo, ma la tassazione interna è cambiata da poco tempo, tanto che si è provveduto a una riduzione della pressione fiscale nei confronti delle imprese e delle persone fisiche.
L’Irpef di Saint Lucia, al contrario, è stata fissata a una aliquota flessibile del 33,33%, percentuale che si riferisce al reddito che è stato maturato, mentre per quel che concerne la tassa personale a scaglioni (gli importi in questione sono compresi tra i diecimila e i trentamila dollari dei Caraibi orientali) va da un minimo del 10% a un massimo del 30%. Le innovazioni, poi, hanno riguardato perfino la cosiddetta “land tax”, vale a dire la tassa che si riferisce ai proprietari terrieri che non possono vantare la residenza all’interno dell’isola: nello specifico, questo balzello è nullo per ogni acro fino a dieci ettari totali, mentre sale a un dollaro dei Caraibi orientali per acro oltre i cinquecento ettari.
L’obiettivo di tale riforma fiscale è presto detto. In effetti, il governo locale intende ridimensionare il proprio debito pubblico e il deficit di bilancio, senza dimenticare l’aumento della base imponibile e la riduzione del carico fiscale a tutto favore del consumo. Secondo Anthony Kenny, ministro delle Finanze nonché primo ministro, si tratta di una semplificazione molto importante da questo punto di vista, con l’efficienza e la diminuzione dei costi della riscossione che dovrebbero farla da padrona.