Sanzioni dichiarazione infedele

Secondo una ordinanza della Corte di Cassazione del 2011, la sanzione per la dichiarazione infedele è dovuta sempre, a prescindere dal fatto che l’imposta non dichiarata venga riscossa oppure abbia bisogno della compensazione (vedi anche Dichiarazione Imu, ecco le eventuali sanzioni). Il reato di dichiarazione infedele, il quale è previsto dal Decreto legislativo 74 del 2000 (“Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto”), viene commesso da chi si pone il fine di evadere le imposte sui redditi e l’Imposta sul Valore Aggiunto.

La dichiarazione di cui questi soggetti si rendono protagonisti si caratterizza per un importo di elementi attivi troppo basso rispetto a quello normale e per elementi passivi del tutto falsi. Anche i contribuenti che non hanno l’obbligo di tenere le scritture contabili possono essere coinvolti in tal senso. Che cosa è previsto per un reato simile? La reclusione è compresa tra uno e tre anni quando si evadono le imposte con una dichiarazione che presenta elementi attivi inferiori rispetto a quelli effettivi o elementi passivi fittizi al punto da realizzare una evasione di ammontare superiore ai 50mila euro. Il soggetto in questione, inoltre, deve anche essere cosciente e compiere volontariamente tutto ciò.

Altro requisito, oltre all’importo evaso, è quello di una presenza di elementi attivi sottratti e passivi fittizi oltre il 10% del totale, una situazione quantificabile in più di due milioni di euro da questo punto di vista. I numeri appena citati devono comunque far riferimento a ogni singola imposta. Ma come si riesce a capire qual è l’imposta che va pagata in termini effettivi? Il compito del giudice penale è quello di realizzare un accertamento del reddito attraverso la qualifica delle spese e la deduzione dei costi. In aggiunta, vi sono anche quei costi che sono sostenuti, ma poi non registrati, a patto che il contribuente presenti una prova idonea.