A Napoli Agenzia delle Dogane e Fisco sono riuscite a unire in maniera proficua le loro forze, contribuendo a stanare ben ventisei milioni di euro di imponibile e altri cinque di Imposta sul Valore Aggiunto evasa: si tratta delle somme recuperate in seguito alla scoperta di una frode carosello piuttosto massiccia, la quale ha coinvolto il capoluogo partenopeo e si è caratterizzata per fatture e operazioni false nell’ambito del settore informatico. Che cosa è successo di preciso? Il meccanismo funzionava in modo ingegnoso: in effetti, la frode veniva realizzata attraverso il coinvolgimento di aziende fittizie, grazie soprattutto a un vero e proprio stravolgimento a causa dell’acquisto di ogni quota societaria possibile.
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Questo vuol dire che le imprese coinvolte duravano appena un anno e poi davano spazio ad altri soggetti, in modo da perseguire gli stessi obiettivi e intestare il tutto a nullatenenti. Le fatture in acquisto consentivano di creare la frode, visto che la società attiva nella cessione, sia a livello nazionale che intracomunitario, era solita sfruttare in modo illegittimo delle lettere di intento, così da ottenere delle operazioni esenti dall’Iva.
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Il contribuente si sentiva quindi obbligato a non versare nessun tipo di tributo, ma allo stesso tempo provvedeva a emettere delle fatture con un addebito regolare dell’Iva nei confronti della compagnia acquirente, applicando ci conseguenza dei prezzi di vendita molto più bassi rispetto a quelli per acquistare la merce. Le casse dell’Erario hanno perso molte entrate a causa di tale meccanismo, anche perché si immetteva la merce sul mercato a un prezzo in grado di violare la normativa sulla libera concorrenza. Un opportuno scambio di informazioni e dati ha permesso di porre fine alla frode in questione, senza dimenticare la collaborazione proficua degli stati membri che hanno fatto da sfondo alla vicenda. I prodotti informatici coinvolti, infine, hanno abbracciato l’intera provincia di Napoli.