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Scudo fiscale: crescono i timori di San Marino e Svizzera

 Si avvicina il giorno dell’introduzione dello scudo fiscale progettato dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, per il biennio 2009-2010: mentre cresce la curiosità per gli effetti che esso avrà sull’economia, aumenta anche la paura di due paradisi fiscali come San Marino e Svizzera nei confronti di questa iniziativa. Si stanno in effetti già stimando i rischi che corrono le economie delle due nazioni in questo senso. Una delle stime più ottimistiche arriva proprio da San Marino: la repubblica del Titano ha infatti calcolato che il rimpatrio dei capitali porterà alla riduzione del 15% dei depositi nelle casse delle banche, ma c’è anche chi, come accade nel Canton Ticino, parla di un calo più evidente (oltre il 40%). C’è però da dire che l’atteggiamento degli Svizzeri è più che altro improntato a una sorta di snobismo nei confronti dello scudo: in territorio elvetico si preferisce parlare soprattutto dell’inaffidabilità delle istituzioni del nostro paese, ma non si teme in alcun modo una fuga di massa dei capitali dalle banche svizzere. La differenza tra i due paradisi, riscontrabile in questa percezione dell’iniziativa fiscale, sta nel fatto che San Marino detiene una percentuale di depositi italiani molto più alta.

 

Nei due stati, inoltre, si mettono in evidenza i punti più critici di questa nuova edizione dello scudo fiscale; ad esempio, si mette in luce come alcuni fattori, tra cui l’obbligo dei professionisti di comunicare i propri movimenti in base alle norme anti-riciclaggio, potrebbero essere di ostacolo ai rimpatri di capitale. Nonostante il progetto di Tremonti appaia a molti come uno dei soliti “escamotage” per mettere in regola i “furbetti del fisco”, San Marino sta tentando di adeguarsi alle nuove norme.

 

La piccola Repubblica, insieme alla stessa Svizzera e al Liechtenstein, fanno parte del gruppo di paesi con cui non esiste uno scambio di informazioni tributarie, ragione per cui l’Agenzia delle Entrate ha negato la possibilità di mettere in regola i capitali illegali senza rimpatrio.

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