Quest’anno, per la presentazione del Modello Unico 2009, e per gli studi di settore, i contribuenti soggetti agli studi si sono potuti avvalere dei cosiddetti “correttivi anticrisi” al fine di tenere conto della difficile congiuntura economica dello scorso anno. Ma nonostante tali “agevolazioni” disposte del Fisco, molte imprese rischiano comunque di dichiarare un volume d’affari e indicatori di reddito non perfettamente congrui con i parametri che scaturiscono dall’applicazione degli studi di settore. Non a caso, la CGIA di Mestre ha rilevato come, nonostante gli aggiustamenti ed i correttivi introdotti, un’impresa su tre, riguardo all’anno di imposta 2008, dall’applicazione degli studi di settore non dichiarerà ricavi in linea con le pretese che il Fisco avanza con gli studi. Considerando che in Italia sono circa 3,7 milioni i soggetti con partita IVA soggetti agli studi, allora ben 1,2 milioni di contribuenti non presenteranno dichiarazioni “congrue” agli studi proprio in virtù del fatto che la crisi finanziaria ed economica ha avuto sul business un impatto tale e negativo da non poter essere “rilevato” attraverso i correttivi anticrisi applicabili per lo studio di settore di appartenenza.
Ma tale fenomeno non è una novità, visto che trattasi solo di un incremento dei contribuenti non “congrui”; la CGIA di Mestre, infatti, ricorda come già nel 2007 il 26,3% delle partite IVA, ovverosia poco più di uno su quattro, abbia dichiarato ricavi non congrui al proprio studio di settore, mentre ora, a causa della crisi, per le dichiarazioni 2008 la percentuale è aumentata al 33,5%. Il segretario della CGIA di Mestre, Giuseppe Bortolussi, invita i contribuenti a non adeguarsi agli studi di settore nel caso in cui i ricavi conseguiti non siano congrui.
Questo perché, tra l’altro, rispetto al passato spetterà ora al Fisco, e non più al contribuente, dimostrare che quest’ultimo ha effettivamente conseguito ricavi superiori a quelle dichiarati. A conti fatti, ciò significa che la non congruità in sede di applicazione degli studi di settore non implica in automatico, da parte del fisco, un controllo ma soprattutto una richiesta di accertamento con adesione. In futuro, non a caso, ai fini dell’accertamento il Fisco non prenderà più in considerazione solo gli studi di settore, ma anche altri strumenti di rilevazione del reddito che sono in fase di messa a punto.
sono estetista , e lavoro da più di vent anni.La crisi di questo periodo, mi ha costretto a fare salti mortali per tenermi la clientela, e ci sono mesi in cui ho più spese che guadagni.Ma resisto, non voglio chiudere, che ne sanno i …signori degli studi di settore di ogni singola impresa’?Lo stato sta tentando di distruggere quello che ho creato, ma io sono decisa ad andare avanti.La veritè è che il sistema fiscale in Italia fa orrore, come coloro che ci governano.