In data odierna, 11 febbraio 2010, a Roma, s’è tenuta una tavola rotonda sugli studi di settore al fine di fare il punto sullo stato dell’arte; a darne notizia è l’Agenzia delle Entrate che ha trattato il tema con il Sose – Società per gli Studi di Settore S.p.A. – e con le associazioni delle imprese del commercio, dei servizi e dell’artigianato. Dall’incontro, ed in base ai risultati illustrati, è tra l’altro emerso come i “correttivi anticrisi” 2008 messi a punto per gli studi di settore abbiano funzionato. In merito, infatti, l’Agenzia delle Entrate ha messo in risalto il fatto che sono stati oltre un milione i contribuenti che, applicando i correttivi, hanno mantenuto la congruità degli studi o si sono avvalsi di una riduzione per quel che riguarda i maggiori ricavi. Di conseguenza gli studi di settore anche ai tempi della crisi hanno mantenuto la loro efficacia a conferma di come, secondo le Entrate, non trattasi di uno strumento calato dall’alto.
Nel 2009, inoltre, le attività di accertamento hanno portato da un lato ad una diminuzione dei controlli, ma dall’altro ad un aumento sensibile della qualità “ispettiva” visto che l’imposta media per ogni singolo accertamento s’è attestata sui 13 mila euro circa, ovverosia il triplo rispetto al 2007 e quasi il doppio rispetto al 2008. Il forte aumento della media di imposta su ogni singolo accertamento è tra l’altro frutto anche delle circolari e degli indirizzi operativi del Fisco.
A seguito di direttive emesse dall’Agenzia delle Entrate, infatti, i controlli sugli studi di settore non vengono basati solamente sulle presunzioni rivelate dagli studi stessi, ma anche da elementi di riscontro rafforzativi quali la capacità di spesa del contribuente nonché il suo andamento dichiarativo. Al termine della tavola rotonda, le Associazioni delle Pmi hanno ritenuto necessario proseguire sul miglioramento dello strumento fiscale presuntivo rendendolo sempre più calato e tarato sul territorio anche con un’ottica di tipo federalista.