Il Board agricolo svedese ha lanciato una proposta fiscale molto particolare: la nazione scandinava vuole infatti introdurre una tassa sulla carne, in modo da scoraggiare il consumo di un prodotto che viene associato a un peso non indifferente sull’ambiente, a causa soprattutto delle numerose importazioni. La situazione della Svezia è presto detta. In effetti, in questo paese il consumo di carne (in primis quella bovina e suina) è aumentato di ben trentatré punti percentuali nel giro degli ultimi tre decenni, un livello molto più alto rispetto alla media dell’Unione Europea.
C’è soprattutto da sottolineare come la produzione di manzo sia solita sfruttare numerose risorse naturali, un dato messo in evidenza dal Board per sostenere il suo tributo. Il mandato dell’organo in questione prevede infatti che si guardi allo sviluppo sostenibile e alla produzione del cibo che possa andare a tutto vantaggio del consumatore finale. Le soluzioni del report pubblicato sono sostanzialmente tre: la prima prevede un minor consumo di carne a livello globale, la seconda invece la possibilità di tassare la stessa, oppure, in alternativa, degli accordi internazionali che siano in grado di supportare la produzione sostenibile della carne.
Il Ministero delle Finanze svedese ha escluso di fatto una imposta specifica sul prodotto in questione, ma questo non vuol dire che vi possa essere anche un ripensamento. Una soluzione simile fu comunque pensata sempre nel paese nordico nel 2011. In pratica, alcuni ricercatori dell’Università di Göteborg parlarono espressamene di una tassa ambientale: si trattava di una misura pari a sessanta euro per ogni tonnellata equivalente di Co2, la quale avrebbe dovuto coinvolgere sia la carne che il latte, in modo da ridurre le emissioni di gas a effetto serra. Dunque, la correlazione tra ecologia e fisco non è poi così bizzarra, anzi sembra essere una scelta che intriga e affascina altri paesi, in primis quelli in cui il sentimento “green” è più forte.