Se Equitalia ha iscritto un contribuente a debiti mai contestati prima, è suo diritto richiedere la cartella di pagamento in copia conforme all’originale per approfondimenti e chiarimenti.
L’ente di riscossione non può rifiutarsi dal momento che i giudici non considerano l’estratto di ruolo sufficiente.
Chi si trova in questa condizione deve fare istanza di accesso agli atti amministrativi. Sono ammesse anche domande in carta semplice. Tale procedura dà diritto a prendere visione della relazione di notifica eseguita dal messo notificatore e/o della cartolina di ricevimento firmata al postino all’atto della consegna a domicilio o, in caso di dichiarata irreperibilità del destinatario, della cartella originale la quale è stata depositata presso la casa comunale e della successiva comunicazione (inviata al destinatario con raccomandata a.r.) con cui lo si rende partecipe di tale adempimento mettendolo nella condizione, volendo, di andare a ritirare il plico.
Ma cosa succede se l’istanza viene ignorata? La giurisprudenza ha equiparato da questo punto di vista Equitalia ad un ente della pubblica amministrazione (sebbene a ben vedere si tratti in realtà di società di capitali). Va detto però che i giudici non sempre hanno interpretato il diritto di accesso agli atti amministrativi nello stesso modo quando si tratta di cartelle di pagamento per debiti Equitalia. Il Tar di Lazio ad esempio ha sostenuto la sufficienza dell’estratto di ruolo in quanto “riproduzione fedele ed integrale degli elementi essenziali contenuti nella cartella esattoriale”.
Il Consiglio di Stato però in secondo grado ha tutelato maggiormente i contribuenti imponendo ad Equitalia la conservazione della matrice, della copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o dell’avviso di ricevimento per un minimo di cinque anni, con l’obbligo di farne esibizione a richiesta del contribuente o dell’amministrazione. In appello quindi l’estratto di ruolo è stato circoscritto ad un documento interno, non sufficiente da solo a far valere la pretesa impositiva. Il termine di 5 anni peraltro, è da intendersi come minimo, posto che esistono anche crediti erariali che si prescrivono in 10 anni.