I magistrati contabili hanno tuonato contro il fisco, che sta raccoglie un ammontare di denaro eccesivo dalle tasche non solo di dipendenti, ma anche dei pensionati. Adesso, la Corte dei Conti chiede a gran voce che il prelievo venga spostato dall’Irpef all’Iva, cercando al contempo di ridurre al minimo tutti quegli aspetti burocratici e agevolazioni che tolgono la bellezza di 53 miliardi dalle casse statali. Non solo, visto che chiedono anche di modificare completamente il sistema legato alla riscossione.
Corte dei Conti
Riforma fiscale: bocciatura senza appello dalla Corte dei Conti
La riforma del Fisco voluta dal governo ha fatto storcere il naso alla Corte dei Conti: l’organo costituzionale ha infatti bocciato di fatto questo provvedimento, motivando la sua decisione con la totale assenza di coperture finanziarie e con la sua iniquità, visto che andrebbe a colpire esclusivamente i ceti meno abbienti. Luigi Giampaolino, presidente della Corte, non ha quindi usato mezzi termini di fronte alla Commissione Finanze e ha anche messo in luce il possibile scenario conseguente alla riforma stessa, vale a dire un inasprimento della recessione economica. L’auspicio, pertanto, è che si cerchino altri tipi di provvedimenti, penalizzando il meno possibile il mondo del lavoro e quello delle imprese. Tra l’altro, le coperture citate in precedenza sono state definite generiche e inadeguate.
Tia: secondo la Corte dei Conti non va soggetta ad Iva
Francamente si sente ancora il bisogno di un chiarimento preciso e dettagliato in merito alle considerazioni da fare sulla Tia, la Tariffa di Igiene Ambientale; si tratta, nello specifico, del sistema di finanziamento adottato dai comuni italiani per gestire i rifiuti e sostituire in maniera progressiva la Tarsu. Ebbene, mentre il dipartimento delle Finanze si è mostrato convinto a più riprese circa la necessità dell’Iva in questo senso, la Corte dei Conti si è invece espressa in modo contrario, linea di pensiero che è emersa soprattutto da un recente parere della sezione piemontese. Secondo l’organo statale, infatti, la tariffa deve essere considerata alla stregua di una entrata tributaria e per tale motivo l’Imposta sul Valore Aggiunto non ha ragione di esistere; in particolare, sarebbero elementi come il prelievo, l’assenza di sinallagma tra le parti e il collegamento ai presupposti economicamente rilevanti a inquadrare la Tia come tributo, mentre la Corte ha escluso qualsiasi rilevanza per quel che concerne la definizione introdotta dal Codice dell’ambiente.
La Corte dei Conti lancia l’allarme Fisco: conti troppo instabili
L’appello lanciato ieri dalla Corte dei Conti mette in evidenza la situazione non troppo rosea del Fisco del nostro paese: secondo quanto affermato in un’audizione alla Camera da Luigi Giampaolino, numero uno dell’organo giurisdizionale italiano, non si può certo rimanere ottimisti nel leggere i risultati del Dpef (Documento di Programmazione Economica e Finanziaria), visto che i risultati in materia di politica fiscale e tributaria non sono quelli auspicati. Che cosa è emerso dunque da questa disamina della Corte? Il quadro economico di base che sta attualmente caratterizzando l’Italia presenta fin troppi rischi di finanza pubblica, oltre che un andamento a rilento dell’economia interna rispetto agli altri paesi dell’Unione Europea. In particolare, il prodotto interno lordo risulta essere in crescita nelle nazioni principali del Vecchio Continente: in Germania esso è cresciuto di quattro punti percentuali, mentre in media si è assistito a un incremento del 2%.
Irap sugli incentivi: la Corte dei Conti dice no
L’ultima pronuncia della Corte dei Conti, l’organo statale che svolge compiti di carattere prevalentemente giurisdizionale e amministrativo, è riuscita nell’intento di risolvere un importante quesito di rilevanza fiscale: in effetti, le Sezioni Unite si sono occupate del trattamento tributario dell’Irap in relazione ai cosiddetti compensi incentivanti, vale a dire quelli che le amministrazioni pubbliche sono solite erogare nei confronti di soggetti come avvocati e professionisti. La risposta della Corte è stata negativa ed ha posto fine a una disputa di lungo corso. Fino a questo momento non si era riusciti a trovare nessun tipo di compromesso, anche perché due tesi hanno contraddistinto da sempre la questione: una prima linea di pensiero può essere definita come “restrittiva”, visto che l’imposta regionale veniva ritenuta una sorta di onere riflesso, un insieme di elementi finanziari e previdenziali volti a ridurre in modo drastico il compenso del dipendente (l’obiettivo principale era quello di scongiurare un doppio esborso).