L’Internal Revenue Service (Irs) ha introdotto il suo Offshore Voluntary Disclosure Program per la prima volta nel 2009: si tratta di un programma che cerca di venire incontro a quei contribuenti che hanno dei conti in nazioni straniere e che devono essere messi al corrente della loro situazione fiscale. Mentre la sanzione prevista in casi normali ammonta a circa il 50% di quanto scoperto dalla stessa agenzia, con l’Ovdp questo stesso importo si riduce fino al 20% con tanto di deroga per quel che concerne la carcerazione. Nel solo 2009, tra l’altro, l’Irs ha annunciato di aver recuperato in questa maniera 3,4 miliardi di dollari. La conseguenza più immediata è stata l’introduzione del secondo programma di questo tipo lo scorso anno.
Internal Revenue Service
L’Irs pubblica l’elenco delle dodici frodi fiscali più comuni
I furti di identità e l’omissione dei redditi offshore rappresentano due delle frodi fiscali più frequenti che sono state riscontrate dall’Internal Revenue Service, l’amministrazione finanziaria degli Stati Uniti: si tratta delle fattispecie maggiormente comuni per quel che concerne la stagione di preparazione al pagamento delle tasse ed è tutto dire. L’agenzia federale ha comunque stilato il proprio elenco relativo ai comportanti scorretti dal punto di vista tributario, quello che viene definito come “elenco dei dirty dozen”, della “sporca dozzina” se si vuole usare una traduzione letterale. La data di scadenza di riferimento nel corso di quest’anno è rappresentata dal prossimo 17 aprile, la quale si sta avvicinando molto velocemente.
L’Irs pubblica la lista delle principali truffe fiscali del 2011
L’ultimo annuncio dell’Internal Revenue Service, l’Agenzia delle Entrate americana, è stato molto chiaro: la lista annuale dei “dirty dozen” è pronta anche per il 2011, si tratta in pratica dell’elenco di truffe fiscali che l’ente ha riconosciuto ed identificato e che comprende frodi finanziarie, evasioni e occultamenti di redditi in centri offshore. Secondo Doug Shulman, membro dello stesso Irs, siamo addirittura di fronte al “peggio del peggio” dal punto di vista tributario. L’impegno, ovviamente, è quello di contrastare tali fenomeni e l’operato di chi se ne rende protagonista: i mezzi a disposizione sono molti, dalle pesanti sanzioni fino al carcere, e a conferma che negli Stati Uniti si fa sul serio in questo campo, i contribuenti coinvolti nelle frodi sono obbligati a ripagare tutte le imposte dovute, maggiorate di un forte interesse e altre multe. Al vertice della lista figurano le transazioni abusive offshore; come è noto, i contribuenti cercando di evitare o anche evadere le imposte americane sul reddito, trasferendo opportunamente le somme a loro disposizione in istituti di credito presenti nei cosiddetti paradisi fiscali.
Fisco Usa sempre più asiatico: spopola la lingua cinese
La Cina e ogni elemento che ha a che fare con essa si stanno diffondendo ormai in ogni settore: uno degli esempi più lampanti in questo senso è offerto dal fisco, visto che, come emerge da fonti americane, una delle ultime intenzioni è quella di istituire delle istruzioni, dei suggerimenti e dei modelli a carattere tributario nella lingua dell’ex Impero Celeste, il cosiddetto mandarino contemporaneo. La Internal Revenue Service (l’Agenzia delle Entrate a stelle e strisce) guarda dunque con decisione ad est e darà molta importanza alle comunicazioni in cinese destinate ai propri contribuenti, una novità di assoluto rilievo ma che tiene comunque conto dei progressi e dello sviluppo di una lingua che in molti avevano dato per estinta. La seconda economia a livello internazionale mostra la sua crescita anche in questo modo, con il mandarino che diventerà una chiave di volta per la firma di accordi e la conclusione di transazioni fiscali.
Stati Uniti e Fisco: il 2008 è l’annus horribilis
La crisi economica continua ad “avvolgere” con i suoi lunghi tentacoli gli Stati Uniti: gli effetti della congiuntura economica negativa nel territorio a stelle e strisce sono ravvisabili soprattutto in relazione al Fisco. In effetti, gli ultimi dati dell’Internal Revenue Service hanno messo in luce come nel 2008 siano svaniti ben 3.000 miliardi di dollari dai redditi dei lavoratori americani della cosiddetta “middle class”. Ciò equivale a dire che è molto alto il numero dei contribuenti che non hanno provveduto, o hanno dimenticato, di versare le imposte nelle misura dovuta. Le stime, in questo caso, parlano di oltre 22 milioni di soggetti “sbadati” o negligenti nel 2008, una cifra davvero impressionante. Questa folla di contribuenti morosi viene considerata un indice fondamentale nella misura dell’incidenza effettiva della crisi, non solo su società e pmi, ma anche sul contribuente medio.
I condoni made in USA: gli incassi del fisco in tempo di crisi
I condoni e le iniziative perdonali non sono un fenomeno esclusivamente italiano: infatti, nei soli Stati Uniti, da 27 anni a questa parte sono già state promosse più di cento iniziative di questo tipo sul versante del fisco. Nessuno stato dell’Unione è escluso da questa tendenza, ma se anche accadesse la distanza contabile dal ricorso alle amnistie fiscali verrebbe ricollegato alla scarsezza dei mezzi disponibili e alle poche attese per un eventuale incasso. Sono proprio questi elementi che hanno spinto molto spesso i responsabili statali a lanciare non dei veri condoni, ma una sorta di “tax holiday”, vale a dire la sospensione in via temporanea del versamento delle imposte legate a particolari vendite, oppure ad eventi per cui si prevede un aumento dei consumi. Cosa spinge le autorità statunitensi a porre in essere tali iniziative? Anzitutto, la volontà di assicurare una sorta di “sollievo” fiscale ad aziende ed operatori messi in difficoltà da cicli economici negativi; ed inoltre, la necessità di ottenere versamenti interi e senza sconti.
Gli Usa reclamano i dati dei clienti Ubs sospettati di frode fiscale
L’Amministrazione fiscale americana e Ubs, una delle principali banche svizzere, sono ormai giunte ai ferri corti: l’Irs (Internal Revenue Service), infatti, reclama a viva voce i nome dei clienti dell’istituto sospettati di frode fiscale e non ha intenzione di venire incontro a soluzioni troppo rapide. Dunque, la causa civile contro la grande banca elvetica continua e non viene ritirata. Il Dipartimento di giustizia statunitense ha inoltrato delle richieste molto specifiche: Ubs deve consegnare al Fisco americano tutti i dati, i riferimenti e gli spostamenti finanziari che si riferiscono a circa 52.000 clienti su cui pende il sospetto di frode. Per ora l’istituto svizzero si è limitato a effettuare numerosi richiami alla buona fede che sarebbe stata usata nei servizi verso i propri clienti, ma il Dipartimento ha più volte bocciato questa versione, mostrandosi poco convinto dell’inconsapevolezza della banca. Gli avvocati di Ubs, tra l’altro, ritengono che le coordinate richieste siano già presenti nelle disponibilità del Dipartimento stesso, dato che provengono da altre fonti e banche dati. L’intenzione degli Stati Uniti è abbastanza evidente: tale modo di operare è infatti volto a recuperare parte di quei 100 miliardi di dollari che finiscono direttamente nei paradisi fiscali, invece di essere correttamente versati a titolo d’imposta.
Le graduatorie Ocse premiano i servizi online dell’Agenzia delle Entrate
Il Fisco a portata di click è divenuto nel tempo sempre più popolare, tanto che si è creata una rete molto solida tra amministrazioni fiscali e contribuenti, con un dialogo continuo tra le parti. Il Fisco online ha mantenuto il suo obiettivo di miglioramento delle prestazioni da offrire ai contribuenti e di riduzione dei tempi di attesa. L’Ocse (Organizzazione economica per la Cooperazione e lo Sviluppo) ha voluto condurre in proposito un analisi sul rapporto tra internet e tributi, raffrontando i dati relativi all’utilizzo dell’online da parte dei principali paesi sviluppati: ebbene, da questa analisi risulta che l’Italia occupa un posto di tutto rispetto, sia per l’invio delle dichiarazioni dei redditi da parte dei contribuenti che per quel che riguarda i modelli delle dichiarazioni inviati da società e professionisti. Il podio ideale stilato dall’Ocse vede l’Italia quasi senza rivali: la Danimarca, il paese che segue in graduatoria, non può essere raffrontato col nostro paese, in quanto ha un numero fin troppo inferiore di contribuenti attivi (circa 3 milioni).
La Cia boccia il progetto del telelavoro promosso dal Fisco statunitense
Il Fisco statunitense è ormai sempre più convinto di aver trovato la ricetta giusta per sconfiggere la crisi: una ricetta da mettere in pratica in maniera immediata, senza alcun ripensamento di tipo finanziario e riflessioni contabili. Una soluzione molto interessante soprattutto dal punto di vista economico, dato che permetterebbe di ottenere un risparmio netto di spesa pari a 14 miliardi di dollari ogni anno: una somma che potrebbe poi estendersi col tempo e arrivare fino ai 100 miliardi l’anno di minori uscite. Tutto è stato pensato in previsione degli investimenti da effettuare nel 2010, in quanto queste ingenti somme sarebbero proprio destinate ai finanziamenti dei servizi sociali, della sanità e del settore della ricerca e sviluppo. Ma l’annuncio di questi grandi risparmi non è riuscito a convincere i capi dell’Intelligence americana. La domanda sorge spontanea: cosa c’è che non va? E inoltre: che rapporti ci sono tra Fisco e Cia? L’Intelligence ha bocciato senza appello la proposta, adducendo le motivazioni più disparate per questo diniego, come ad esempio quella secondo cui la linea di contatto comune è rappresentata dal principio della tutela della sicurezza nazionale.