Il Canada promette tolleranza zero contro i paradisi fiscali

 Jean-Pierre Blacburn, responsabile federale delle Finanze canadesi, ha assicurato l’impegno della nazione nordamericana nell’ambito della cooperazione internazionale nella lotta contro i paradisi fiscali e le metodologie di pianificazione tributaria; Blackburn, in Europa per una serie di incontri, ha anche voluto sottolineare gli sforzi in atto per quel che concerne lo scambio di informazioni con gli altri paesi, un’altra attività volta a perfezionare i metodi di accertamento. L’incontro più significativo è stato senza dubbio quello con Jeffrey Owens, direttore del Centro per la politica fiscale e amministrazione dell’Ocse: è stata proprio questa l’occasione per annunciare la disponibilità del Canada a partecipare a un processo di scambio di informazioni tributarie che rientra nel Global Forum sulla trasparenza della stessa organizzazione parigina, un gruppo di lavoro che riunisce stati membri e non e alcune piazze finanziarie offshore. Dunque, anche il 2010 verrà caratterizzato da un’intensa lotta contro i tax haven, assicurando la corretta osservanza e applicazione delle leggi e degli accordi fiscali, sempre in sintonia con quanto è stato stabilito dalle singole legislazioni tributarie.

 

Lotta ai paradisi fiscali: nuovi dati a disposizione del Fisco

 Riguardo alla lotta ai “paradisi fiscali“, l’Agenzia delle Entrate ha reso noto che gli archivi per le verifiche si arricchiranno di nuovi dati. Trattasi, nello specifico, dei dati di quegli intermediari ed istituti di credito italiani che hanno filiali all’estero; le banche e gli intermediari italiani, infatti, sono tenuti ad inoltrare, all’Archivio dei conti correnti dell’Amministrazione finanziaria, anche i dati e le operazioni effettuate dai cittadini italiani che intrattengono rapporti con filiali italiane all’estero. Anche i dati che arriveranno dalle filiali bancarie italiane all’estero e dagli intermediari potranno essere utilizzati dal Fisco per verificare se, come prevede il nostro sistema fiscale, i cittadini italiani che intrattengono dei rapporti abbiano regolarmente comunicato/dichiarato i soldi depositati all’estero nel quadro Rw della dichiarazione dei redditi; ed in merito, tra l’altro, l’Agenzia delle entrate ha reso noto d’aver diffuso in data odierna una circolare. Ma cosa contiene l’Archivio dei conti correnti dell’Amministrazione finanziaria?

Fisco: in Italia sposarsi conviene

 Dopo anni di fidanzamento avete deciso finalmente di sposarvi? Un matrimonio ha dei grossi costi da sopportare, specialmente se si decide di convolare a nozze in pompa magna: ricevimento, abiti, bomboniere, fedi… per non parlare del viaggio di nozze, sono in pochi ad accontentarsi, anche perchè ci si sposa una volta sola, si spera… Vogliamo però tirare sù il morale a chi rinuncia a sposarsi per motivi economici: Convolare a nozze in Italia conviene: lo conferma un rapporto dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico.

Secondo l’organizzazione la tassazione combinata sui due coniugi pesa meno di quella sui due redditi separati. L’Italia secondo il rapporto é l’unico Paese in Europa, moglie e marito sono avvantaggiati dal punto di vista tributario, almeno in certe fasce di reddito.

Il Fisco iberico apre un forum per ridurre i rischi delle grandi imprese

 L’Aeat, l’Agenzia delle Entrate spagnola, ha provveduto a porre in essere un’interessante iniziativa: si tratta sostanzialmente di un Forum che andrà a operare come un organismo per condividere conoscenze e problemi relativi all’applicazione del sistema tributario, ma anche per ottenere una maggiore trasparenza informativa. Tale programma rientra nel raggio di azione del progetto di aggiornamento del Piano di prevenzione delle frodi fiscali, revisionato proprio lo scorso anno dalla stessa Agencia Tributaria (le principali misure si riferiscono, in particolare, al miglioramento dell’azione di dialogo con le grandi imprese). Sono le grandi imprese, appunto, a essere tenute in gran considerazione dall’Aeat, in quanto contribuiscono con il 40% al totale della riscossione fiscale lorda. Il forum di dialogo aperto in Spagna, comunque, segue da vicino le conclusioni delle recenti riunioni del Forum sull’Amministrazione fiscale dell’Ocse (soprattutto quelle di Seul e Parigi). Di questo forum andranno a far parte 27 imprese, le quali sono iscritte nella delegazione centrale dei grandi contribuenti di Spagna, e individuate in base al volume di affari e alle informazioni fornite nel corso degli anni al fisco.

 

È online il questionario Ocse per i rimborsi Iva ai non residenti

 L’Ocse ha provveduto a pubblicare sul proprio sito un nuovo questionario al fine di raccogliere il maggior numero di dati quantitativi e qualitativi in relazione ai rimborsi Iva a soggetti non residenti: si tratta, in questo, seno, di un problema che coinvolge un numero sempre crescente di imprese, le quali si trovano in difficoltà nel recupero dell’Iva estera. Le domande presenti in tale questionario sono abbastanza semplici e la sua compilazione non richiede un grosso uso di tempo (il completamento dovrebbe avvenire in non più di un quarto d’ora). C’è da dire che il rimborso dell’Iva pagata all’estero è una materia che varia significativamente da stato a stato, anche nelle sue modalità di esercizio; si verificano infatti dei casi in cui i costi per poter avviare la procedura di rimborso sono molto elevati, mentre non sono rare le casistiche di scarsa conoscenza della possibilità risarcitoria. Cosa viene chiesto, nello specifico, dal questionario alle imprese? Le domande vengono poste in lingua inglese e si va principalmente a valutare l’esperienza delle imprese in campo dei rimborsi Iva: si potrebbe dire che più che di un questionario, si tratta di un sondaggio elettronico, immediato e semplice e accessibile anche alle piccole e medie imprese, che di solito non partecipano alle rilevazioni in questione.

 

Uil: tagliare tasse sulla tredicesima

 L’Italia é al 23° posto per quanto riguarda gli stipendi. L’Ocse ha infatti calcolato gli stipendi medi in 30 Paesi, al netto delle tasse e a parità di potere d’acquisto. Gli italiani hanno buste paga che sono poco più della metà di quelle inglesi e più basse di quelle greche e spagnole. Il salario medio dei lavoratori italiani è infatti 21.374 dollari. Nei Paesi Ue il salario medio è di 27.793 dollari l’anno. Nell’Europa a 19, si ha uno stipendio medio di 24.552 dollari.

Secondo l’Ocse pesano soprattutto le tasse: la differenza tra quanto paga il datore di lavoro e quanto intasca realmente il lavoratore. I dipendenti e i loro datori di lavori pagano troppi contributi. E purtroppo questo é dovuto anche all’evasione fiscale: in Italia tanti evadono e gli unici che non possono farlo sono proprio i dipendenti, ecco perchè questi pagano anche per gli altri. In Italia 2 lavoratori su dieci non pagano le tasse. Eccco perchè sono compressi verso il basso i salari delle imprese in regola. Il peso di tasse e contributi su un lavoratore single è del 46,5%, mentre del 36% per un lavoratore sposato e con due figli a carico. Se a un’impresa un lavoratore costa 100 euro, lo stesso lavoratore finisce per ottenere in busta paga soltanto 54,5 euro.

Gli stipendi italiani subiscono il salasso delle tasse

 Gli italiani vedono la loro busta paga diminuire in maniera esagerata rispetto agli altri europei. Il motivo? Il cuneo fiscale, la differenza cioè tra quanto pagato dal datore di lavoro e quanto effettivamente percepisce il lavoratore. Lo conferma uno studio dell’Ocse sulla tassazione dei salari relativamente all’anno 2008. Su trenta Paesi l’Italia si colloca al 23° posto: i cittadini della Gran Bretagna, Giappone, Stati Uniti, Germania, Francia e molti altri Paesi europei intascano più di noi. Gli italiani nel 2008 hanno guadagnato ben il 17% in meno della media Ocse; la media della busta paga é di circa 16mila euro l’anno, quindi sui 1.300 euro al mese. Non va neanche bene se si é single: il peso di tasse e contributi per un lavoratore dal salario medio senza carichi familiari è del 46,5%.

La “lista nera” dei paradisi fiscali perde ancora i pezzi

 Si svuota progressivamente la cosiddetta “black list”, la lista nera che elenca i paradisi fiscali nel mondo: altri quattro stati hanno abbandonato questa lista, per la precisione si tratta di Uruguay, Costa Rica, Malesia e Filippine. Questi paesi, infatti, hanno ottenuto una sorta di riabilitazione da parte del segretario generale dell’Ocse, Angel Gurria, e sono stati inseriti in un’altra lista, quella grigia, che contraddistingue le nazioni che sono disposte a prestare la loro collaborazione, allineandosi agli standard internazionali per quel che riguarda lo scambio di informazioni fiscali. L’annuncio di questa importante notizia è arrivato a margine di un incontro che si è tenuto a Parigi tra lo stesso Gurria e il commissario europeo per la tassazione e unione doganale dell’Unione Europea, Laszlo Kovacs.

 

Dopo il G20, l’Ocse punta a una maggiore collaborazione sul fisco

 La chiusura del summit del G20 di Londra dei giorni scorsi ha dimostrato come le parti che vi hanno partecipato siano concordi con quanto auspicato dall’Ocse in tema di lotta all’evasione fiscale: la consapevolezza che è stata messa in luce riguarda il fatto che un valido sistema contro l’evasione e l’elusione fiscale a questi livelli non può essere posto in essere da un unico Stato, ma è necessario un contributo che possa godere di una volontà di armonizzare, anche attraverso una minore rigidità del sistema bancario. Fondamentali sono state, in questo senso, le revisioni delle liste che individuano i cosiddetti paesi “collaboratori” (anche detta white list), le liste di quei paesi che si sono impegnati ad accettare gli standard internazionali sullo scambio di informazioni (grey list) e le liste dei paesi non collaborativi (black list). L’impegno richiesto dall’Ocse è quello di cancellare in maniera progressiva la black list con misure di depenalizzazione in favore del rientro di capitali.