Debito fiscale: orecchini Maradona all’asta su eBay

 Nei giorni scorsi la Guardia di Finanza di Bolzano, in un vero e proprio “blitz” in presenza di un funzionario per la riscossione di Equitalia, ha provveduto a sequestrare a Diego Armando Maradona, che alloggiava a Merano presso un hotel, un paio di orecchini del valore di quattromila euro. Si è trattato di un tentativo, peraltro l’ennesimo a carico del “Pibe de oro” ogni volta che torna in Italia, di recupero di un ingente debito fiscale che l’ex giocatore di calcio deve saldare al Fisco italiano. Ebbene, a quanto pare, vista la rilevanza del personaggio con cui il Fisco ha a che fare, gli orecchini, attualmente pignorati presso Tribunale di Bolzano, potrebbero andare a finire in asta su e-Bay. In questo modo, Equitalia punta a conseguire il massimo “ritorno” dalla coppia di orecchini, ma di certo non si arriverà ai 36 milioni di euro che, in base alle ultime stime, Diego Armando Maradona deve al Fisco.

Lotta ai paradisi fiscali: nuovi dati a disposizione del Fisco

 Riguardo alla lotta ai “paradisi fiscali“, l’Agenzia delle Entrate ha reso noto che gli archivi per le verifiche si arricchiranno di nuovi dati. Trattasi, nello specifico, dei dati di quegli intermediari ed istituti di credito italiani che hanno filiali all’estero; le banche e gli intermediari italiani, infatti, sono tenuti ad inoltrare, all’Archivio dei conti correnti dell’Amministrazione finanziaria, anche i dati e le operazioni effettuate dai cittadini italiani che intrattengono rapporti con filiali italiane all’estero. Anche i dati che arriveranno dalle filiali bancarie italiane all’estero e dagli intermediari potranno essere utilizzati dal Fisco per verificare se, come prevede il nostro sistema fiscale, i cittadini italiani che intrattengono dei rapporti abbiano regolarmente comunicato/dichiarato i soldi depositati all’estero nel quadro Rw della dichiarazione dei redditi; ed in merito, tra l’altro, l’Agenzia delle entrate ha reso noto d’aver diffuso in data odierna una circolare. Ma cosa contiene l’Archivio dei conti correnti dell’Amministrazione finanziaria?

Residenza paradisi fiscali: controlli sui cittadini marchigiani

 E’ San Marino la residenza a fiscalità privilegiata preferita dai cittadini marchigiani. A rivelarlo è la Direzione Regionale Marche dell’Agenzia delle Entrate in scia all’avvio nei giorni scorsi di controlli su circa mille e cinquecento cittadini marchigiani che, oltre che a San Marino, hanno dichiarato di essere residenti in altri “paradisi fiscali“, tra cui l’Ecuador, Emirati Arabi Uniti, Monaco ed Uruguay. I 1.500 cittadini marchigiani finiti nel mirino del Fisco sono persone che, negli anni 2006, 2007 e/o 2008 hanno dichiarato di avere la residenza nei Paesi sopra citati, ma sono emersi indizi riguardanti la centralità dei propri affari e dei propri interessi economici e familiari nel nostro Paese. Di conseguenza, sulla lista dei nominativi saranno effettuati ulteriori controlli, anche grazie alla collaborazione dei Comuni delle Marche, in modo tale da recuperare le imposte evase e applicare dal punto di vista fiscale il “rientro” di quei contribuenti che, pur dichiarando la residenza nei “paradisi fiscali“, avrebbero dovuto pagare in tutto e per tutto le tasse allo Stato italiano.

Evasione fiscale: accertamenti a tappeto su chi simula l’espatrio

 Anche nella Regione Toscana non mancano i contribuenti con il vizietto dei “paradisi fiscali”; sono ben 1.200, infatti, i nomi di contribuenti della regione sui quali l’Amministrazione finanziaria provvederà ad effettuare dei controlli. A darne notizia è la Direzione Regione Toscana dell’Agenzia delle Entrate, precisando che trattasi di contribuenti sui quali, potenzialmente, pendono situazioni elusive ed evasive in quanto avrebbero nella sostanza simulato l’espatrio quando invece l’Italia è rimasta come centro dei propri affari e dei propri interessi sia a livello familiare, sia economico. Nel dettaglio, l’indagine è concentrata sui quei contribuenti “sospetti” che negli anni 2006, 2007 e 2008, hanno dichiarato di avere la residenza in un Paese a fiscalità privilegiata nonostante l’esercizio di attività fiscalmente rilevanti in Italia. Sui 1.200 nominativi, di conseguenza, l’Agenzia delle Entrate procederà con l’apertura di tutta una serie di attività istruttorie finalizzate sia ad accertare, sia a quantificare i fenomeni di evasione fiscale realmente perpretata dai contribuenti nel mirino del Fisco.

I papers del Fmi: effetti e soluzioni fiscali legati alla crisi

 I papers pubblicati di recente dal Fondo Monetario Internazionale hanno inteso mettere in luce quelli che sono stati gli effetti prodotti dalla crisi finanziaria sulle entrate delle amministrazioni fiscali, ma anche i metodi da utilizzare per porre un freno alle operazioni maggiormente elusive. Come ha sottolineato lo stesso Fondo, con la congiuntura economica negativa e il peggioramento delle condizioni finanziarie, le agenzie del fisco sparse in molti paesi hanno dovuto affrontare nuove sfide, legate soprattutto alla crescita del rischio di compliance (il quale ha coinvolto molte questioni tributarie) e le perdite riportate dalle imprese. Questo paper è stato intitolato “Collecting Taxes during an economic Crisis: challenges and policy options”. Il suo obiettivo è quello di esaminare molte tematiche di rilievo internazionale, tra cui la riscossione delle imposte durante la crisi, gli strumenti a disposizione del fisco per contrastare la stessa crisi e i rischi per il settore finanziario. Riguardo, poi, alla questione delle operazioni potenzialmente elusive ed evasive, il paper dell’Fmi ha concentrato la propria attenzione soprattutto sulla disciplina del riporto delle perdite e delle operazioni cross-border.

 

Tremonti prosegue la stretta offshore sulle tasse

 Una delle novità introdotte con le ultime misure anti-crisi firmate dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, potrebbero rovinare i sonni tranquilli di molti imprenditori che hanno deciso di sviluppare una fitta rete di società in paesi europei vantaggiosi dal punto di vista fiscale. Infatti, vengono estese a tutti i paesi stranieri le regole che sono attualmente previste per i paradisi fiscali veri e propri. Per fare un esempio, se una società controllata da soggetti italiani, ma con sede all’estero, pagasse localmente meno tributi rispetto a quello che succederebbe in patria, allora dovrà provvedere a versare la differenza al suo fisco nazionale. Qual è l’intento della norma? Sostanzialmente si vogliono limitare al massimo gli arbitraggi fiscali, vale a dire la scelta di collocare la sede di un’impresa in un paese che consente di pagare meno tasse. Sarà ora compito delle banche documentare che gran parte delle fonti di finanziamento e dei ricavi sono nate nel territorio di insediamento.

Evadere il Fisco: più facile con i pagamenti in contanti

 Per evadere il fisco non è necessario portare i capitali all’estero e/o creare società fittizie nei paradisi fiscali. Molto spesso basta semplicemente sfuggire alla tracciabilità dei pagamenti effettuando le transazioni in contanti; in passato, sopra una certa soglia, era obbligatorio in Italia saldare fatture, parcelle e prestazioni con bonifico bancario e/o con carta di credito, ma da un po’ di tempo tutto e tornato come prima e, di conseguenza, è facile “incappare” nel libero professionista che con la fattura vuole un determinato ammontare, mentre senza fattura c’è lo “sconto”. La conseguenza di tutto ciò è che il fenomeno dell’evasione fiscale, nonostante le indagini ed i controlli all’ordine del giorno da parte della Guardia di Finanza, non è così semplice da contrastare se, come riporta Contribuenti.it – Associazione Contribuenti Italiani, nel nostro Paese è tornato il boom delle transazioni in contanti con una crescita che sfiora il 20%. L’Associazione stima che complessivamente l’imposta evasa ammonti a ben 126 miliardi, a conferma di come le misure anti-evasione fin qui messe a punto siano insufficienti nel contrastare un fenomeno a dir poco dilagante.

Canone Rai e paradisi fiscali televisivi

 La detenzione di apparati atti alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive è disciplinata da un regio decreto che risale al 193. Ecco perchè é obbligatorio, purtroppo, pagare il canone Rai anche se non lo si utilizza. Non molto tempo fa abbiamo difatti pubblicato un post di un preside costretto a pagare gli arretrati per non aver ottemperato al debito verso la televisione di stato. Il signore in questione, non amando la tv, non ne possedeva neanche una in casa e si è quindi sentito legittimato a non pagarne il canone e a stracciare i relativi bollettini.

Indipendentemente dalla qualità o dalla quantità del relativo utilizzo, è statuito dall’articolo 1 del regio decreto n. 246 del 21 febbraio 1938 e confermato dalle sentenze della Corte costituzionale n. 535 del 12 maggio 1998 e della cassazione (n. 8549 del 3 maggio 1993), il canone Rai deve essere pagato. Il ministero dell’Economia e delle Finanze, per il tramite del dipartimento del Tesoro, partecipa per la quota del 99,56 per cento sulla RAI Radio Televisione Italiana Spa (lo 0,44 appartiene alla Siae).

Tasse universitarie Palermo: scattano i controlli sulle autocertificazioni

 L’evasione non si annida solo nel lavoro autonomo, nell’attività dei liberi professionisti o nella creazione di società fittizie nei paradisi fiscali, ma anche con il meccanismo delle false dichiarazioni in virtù delle quali si acquisiscono vantaggi e benefici di cui a conti fatti non se ne ha il diritto. Ecco allora che presso l’Università di Palermo è scattato il giro di vite sulle autocertificazioni presentate dagli studenti; a tal fine, l’Ateneo ha siglato un’intesa con l’Agenzia delle Entrate. Quest’ultima effettuerà ogni anno dei controlli a campione sulle autocertificazioni presentate dagli studenti unitamente ai dati reddituali presentati per il nucleo familiare; i dati e le informazioni presentate dagli studenti per l’accesso ai benefici e per l’iscrizione all’Ateneo saranno “incrociati” con quelli dell’anagrafe tributaria.

Tremonti ter: detassazione utili e paradisi fiscali

 La manovra d’estate 2009, recentemente approvata dal Governo, contenuta nel decreto legge 1 luglio 2009 N. 78 consente ad alcuni contribuenti di escludere dal reddito imponibile il 50% del costo sostenuto per effettuare taluni investimenti “qualificati”.

L’agevolazione, denominata anche Tremonti ter, è rivolta esclusivamente ai contribuenti titolari di reddito d’impresa, indipendentemente dalla loro forma giuridica e dal tipo di contabilità adottata. Quindi non si rivolge alle persone fisiche (dato che le persone fisiche non possono avere un utile di impresa), ma alle imprese, sia individuali che societarie.

Qual’è l’oggetto dell’agevolazione? Le spese in macchinari e apparecchiature che intervengono meccanicamente o termicamente sui materiali o sui processi di lavorazione (compressori, macchine utensili, gru, motori, turbine, ). Gli investimenti agevolabili devono essere fatti a decorrere dalla data di entrata in vigore del DL 78/09 (1° luglio 2009) e fino al 30 giugno 2010. La detassazione vale a decorrere dal periodo d’imposta 2010.

Scudo fiscale: condono per recuperare il capitale fuggito nei paradisi fiscali

 Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti si prepara a varare un nuovo scudo fiscale dopo quello varato nel 2002. Lo scopo é favorire il rientro dei capitali esportati illegalmente all’estero per una somma di circa 550 miliardi di euro. Una somma considerevole in alcuni casi sfuggita all’attenzione del fisco, in altri per nascondere il ricavato di corruzione e di attivita’ criminali. Si stima che 300 siano in Svizzera, 100 in Lussemburgo, 40 a Montecarlo e il resto sparso in altri Paesi.

Il provvedimento ha il fine di aiutare l’economia italiana provata dalla crisi e aiutare con parte degli introiti l’emergenza Abruzzo. Si tratta comunque di denaro “sporco”, frutto di corruzione, criminalità o anche frode fiscale. Al ministero dell’Economia si lavora per preparare un nuovo provvedimento di regolarizzazione dei capitali all’estero.

Il Liechtenstein e la crisi: 34 miliardi in meno nei conti del principato

 Sono dunque ben 34 miliardi gli euro di differenza nei capitali gestiti sulla piazza finanziaria dal piccolo principato del Liechtenstein: è la conferma che la crisi colpisce anche i paradisi fiscali più “gettonati” dai contribuenti, anche se ora si deve parlare di questo stato come una ex giurisdizione non cooperativa, dato che è stato promosso a “entità che aspira alla cooperazione fiscale”. Questo buco di bilancio si riferisce sostanzialmente ai flussi di risorse e patrimoni che circolano nel principato, i quali sono gestiti da banche, fondi pensione e intermediari finanziari: la somma totale di tutti questi movimenti ammontava a circa 182 miliardi di euro nel 2007, mentre per quel che riguarda il 2008 tale cifra è scesa a 148 miliardi (-19%). Quali fattori hanno influito maggiormente su questo declino che non veniva registrato da decenni? Sono molte le opinioni al riguardo e alcune anche contrastanti. Secondo alcuni analisti, la principale responsabile del declino è, senza ombra di dubbio, la crisi economica e finanziaria che si è scatenata a livello globale. Per altri, invece, la giustificazione va cercata nell’impatto combinato provocato dalle mosse di diversi governi (come è successo in Germania), i quali sono intervenuti in maniera decisa sull’evasione fiscale offshore.

 

Il progetto sui capitali offshore di Tremonti all’esame europeo

 Una direttiva pubblicata circa un mese fa dal Tesoro statunitense per dettare le regole relative allo scudo fiscale sembra ora mettere in imbarazzo il ministro dell’Economia Giulio Tremonti: secondo questo documento, infatti, quei cittadini americani che intendono regolarizzare i patrimoni all’estero dovranno presentare una domanda indirizzata alla Offshore Identification Unit di Philadelphia. Verranno quindi calcolati gli arretrati del fisco e si potrà scegliere se regolarizzarsi attraverso il versamento del 20% del patrimonio (la percentuale scende al 15% nel caso il denaro sia frutto di un’eredità). Gli Usa dettavano quindi norme così severe in materia fiscale proprio quando stavano nascendo le prime voci circa il progetto del ministro per far tornare i capitali offshore: non sono ancora noti i dettagli del programma, ma il ministero ha già effettuato una simulazione su cui applicare un gettito con una trattenuta pari al 10% dei patrimoni regolarizzati, quindi ben inferiore rispetto alle proposte statunitensi. La decisione se mantenere un’aliquota così bassa o conformarsi alle linee dettate da Bruxelles non appare semplice.

 

La “lista nera” dei paradisi fiscali perde ancora i pezzi

 Si svuota progressivamente la cosiddetta “black list”, la lista nera che elenca i paradisi fiscali nel mondo: altri quattro stati hanno abbandonato questa lista, per la precisione si tratta di Uruguay, Costa Rica, Malesia e Filippine. Questi paesi, infatti, hanno ottenuto una sorta di riabilitazione da parte del segretario generale dell’Ocse, Angel Gurria, e sono stati inseriti in un’altra lista, quella grigia, che contraddistingue le nazioni che sono disposte a prestare la loro collaborazione, allineandosi agli standard internazionali per quel che riguarda lo scambio di informazioni fiscali. L’annuncio di questa importante notizia è arrivato a margine di un incontro che si è tenuto a Parigi tra lo stesso Gurria e il commissario europeo per la tassazione e unione doganale dell’Unione Europea, Laszlo Kovacs.