Nel periodo intercorso tra il 2010 e il 2016, in base a quanto dichiarato dalla Cgia di Mestre, i negozi di frutta, i bar e i ristoranti hanno sofferto un fortissimo incremento della tariffa per l’asporto dei rifiuti.
L’aumento dal 2010 a oggi oscilla tra il 30 e il 50%. Per le famiglie, invece, la crescita è stata mediamente più contenuta. Un nucleo con 2 componenti ha pagato il 33,7% in più, con 3 del 36,2% e con 4 del 32,6%. Il costo dell’asporto rifiuti, purtroppo, ha assunto dimensioni molto preoccupanti: l’ultimo dato disponibile rileva che le famiglie e le imprese italiane pagano quasi 8,8 miliardi di euro l’anno.
Sebbene la produzione dei rifiuti abbia subito in questi ultimi anni una contrazione molto significativa (2,8 milioni di tonnellate in meno tra il 2007 e il 2014) e l’incidenza della raccolta differenziata sia aumentata notevolmente (+64,4% sempre tra il 2007 e il 2014), le famiglie e le aziende sono state costrette a pagare di più, nonostante la qualità del servizio non abbia registrato alcun miglioramento. Anzi, in molte aree del paese è addirittura peggiorato.
“Finché non arriveremo alla definizione dei costi standard – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo – possiamo affermare con buona approssimazione che con il pagamento della bolletta non copriamo solo i costi di raccolta e di smaltimento dei rifiuti, ma anche le inefficienze e gli sprechi del sistema”. Proprio pochi giorni fa anche la Uil ha rilevato per la Tari, l’imposta sui rifiuti, un aumento del 32,3% dal 2012 ad oggi.
D’altra parte, nel corso degli ultimi anni sono state numerose le novità che hanno riguardato il prelievo dei rifiuti: si è passati dalla Tarsu (Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani) alla Tia (Tariffa di igiene ambientale); nel 2013 ha fatto il suo debutto la Tares (Tassa rifiuti e servizi) e dal 2014, infine, tutti i Comuni applicano la Tari (Tassa rifiuti).