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La tassa anti-evasione dell’Ungheria

 L’Ungheria ha deciso di fare sul serio per quel che concerne la lotta all’evasione fiscale: quest’ultima passa soprattutto dalle nuove misure che sono state introdotte dal governo di Budapest, in primis l’imposta retroattiva sui capitali evasi all’estero, la quale ammonta al 35%. L’aliquota in questione dovrà essere collegata soprattutto a quelle somme che si trovano in Svizzera, ragione per cui la nazione magiara è pronta a chiedere informazioni dettagliate agli istituti di credito della Confederazione elvetica.

Il modello ungherese sarà dunque molto simile a quello già adottato dalla Germania e dall’Austria. I dati ufficiali sono piuttosto precisi e invitano a una riflessione: in effetti, i capitali ungheresi evasi sarebbero pari a quasi sette miliardi di euro, circa duemila miliardi di fiorini per la precisione. Il gettito previsto per tale tassa dovrebbe invece ammontare a settecento miliardi di fiorini, il deficit di un anno per avere una idea più chiara. Lo scorso mese di dicembre si era venuti a conoscenza delle novità fiscali ungheresi del 2013, pertanto non si tratta proprio di un fulmine a ciel sereno. La tassazione al 35% andrà a riguardare tutte le holding in depositi stranieri.

D’altronde, il bilancio del paese deve essere mantenuto necessariamente sotto controllo (al di sotto del limite del 3% secondo i dettami dell’Unione Europea), ma l’ostilità nei confronti di tale tributo è durata fino a due anni fa. Il governo ha comunque capito che i conti degli evasori esistono e non sono certo insignificanti in termini di dimensioni. C’è comunque da sottolineare un fatto rilevante, vale a dire che il trattato tra Budapest e Berna per lo scambio di informazioni in materia fiscale non è ancora entrato in vigore. Trattative identiche sono destinate ad essere avviate nel futuro prossimo con altri paesi che fanno parte dell’Ue, ovvero la già citata Austria e Cipro, noto anch’esso come centro offshore.