Tasse sugli immobili? Il complesso si è attestato nel 2014 a 25,2 miliardi, il 15% in più in confronto all’imposta sulla prima casa abolita nel 2013.
Al prelievo complessivo sugli immobili spetta un ruolo di primo piano nel totale delle voci che vanno a comporre il nostro sistema fiscale. È ancora la Corte dei Conti nel Rapporto 2015 sul Coordinamento della finanza pubblica a sottolineare come sette anni di manovre abbiamo consegnato al 2015 un sistema impositivo, rispetto al 2007 ultimo anno pre-crisi, basato «su aumenti sul patrimonio immobiliare, sui consumi e sulle rendite, senza che a ciò si accompagnasse un’equivalente riduzione del prelievo sui fattori produttivi».
I dati Confcommercio confermano che le imposte sugli immobili ammontano all’1,2% del Pil, contro lo 0,4% della Germania, l’1,1% della Spagna e il 2,5% della Francia. Quanto ai contributi sociali, siamo al 13%, rispetto al 16,8% della Francia e al 14% della Germania, mentre per la tassazione sulle imprese (da noi l’Ires) siamo al 3%, contro il 2,6% della Francia e l’1,8% della Germania, con l’avvertenza che da noi occorre aggiungere il peso dell’Irap, che vale circa due punti di Pil. La composizione interna del gettito conferma il peso preponderante dell’Irpef, che vale (dati 2014 del Dipartimento delle Finanze) 163,7 miliardi, cui vanno aggiunti i 10,9 miliardi dell’addizionale regionale e i 4,4 dell’addizionale comunale, con l’Ires a quota 32,3 miliardi e l’Iva a 114,4 miliardi. La torta della composizione del gettito vede l’Irpef al 39,1%, l’Ires al 7,7%, l’Iva al 27,3 per cento.
Per il futuro?
Non è affatto detto che a una riduzione del prelievo fiscale corrisponda hic et nunc un effetto moltiplicatore sulla domanda interna. Lo si potrà avere solo se i contribuenti avranno la percezione che si tratta appunto di una misura a carattere permanente.