Spesso ci troviamo ad avere a che fare, in Italia come in molti altri stati membri, con le ricevute rilasciate dai taxi: questi documenti possono essere considerati dei veri e propri scontrini fiscali? La parola “tassametro” può indurre in errore, tanto è vero che il reale significato della parola vuole indicare più che altro l’importo totale del percorso, al netto di supplementi eventuali. Quindi, il servizio in questione non è molto diverso da quello dei mezzi pubblici, con una conseguente concorrenza dal punto di vista tariffario e una conseguente equiparazione dei biglietti agli scontrini. Le tariffe stesse, però, non sono mai omogenee, così come non lo è la tassazione tributaria del servizio, visto che in diversi casi, come accade a Roma, Berlino e Parigi, il titolo di viaggio non ha alcun valore di tipo fiscale. Come divincolarsi allora? Le ricevute del nostro paese possono essere considerate alla stregua di scontrini dei pedaggi.
All’estero non la pensano allo stesso modo, visto che, ad esempio, i tassisti di Praga e di Atene sono soliti rilasciare un titolo valido, con gli scontrini che sono davvero molto dettagliati, indicando orari, riconoscimenti, costi e chilometri effettuati nella corsa. Il testo normativo italiano per comprendere la nostra struttura è il Dpr 633 del 1972, decreto che fa intendere in modo piuttosto chiaro l’esenzione di questi servizi i trasporto dall’Imposta sul Valore Aggiunto, mentre il Dm del 29 luglio 1994 è molto utile per comprendere gli esoneri dall’obbligo di rilascio della ricevuta fiscale.
Secondo un recente rapporto di Ubs, le capitali del Vecchio Continente sono molto differenti tra loro per quel che concerne i costi di una corsa: nel caso, infatti, di una tratta di cinque chilometri e in dollari americani, la tassa media di Roma è inferiore rispetto a quelle di Ginevra, Zurigo, Lussemburgo, Vienna, Stoccolma, Copenaghen, Lione e perfino Milano.