La circolare 61/E è stata pubblicata e resa nota dall’Agenzia delle Entrate già da qualche giorno (la data esatta è lo scorso 27 dicembre), ma le sue conseguenze si produrranno per tutto l’arco del 2011: il documento fiscale appena citato ha portato maggiore chiarezza nell’ambito del trust, soprattutto per quel che concerne l’interposizione nel possesso di determinati beni. Prima di approfondire la questione, comunque, è necessario capire meglio cosa si intende per trust. Questo istituto giuridico proviene direttamente dal sistema anglosassone (la cosiddetta “common law”) ed è volto a regolare molti rapporti giuridici di natura patrimoniale: sono quindi possibili diversi schemi a seconda della finalità che si vuole raggiungere, sia essa pensionistica che di diritto societario.
Ebbene, secondo la nostra amministrazione finanziaria la tassazione deve essere trasferita in capo a colui che è il reale titolare del bene, vale a dire il “disponente”; nel caso di trust che svolgono esclusivamente funzioni di tipo elusivo, allora essi devono essere ritenuti inesistenti nel caso di produzione di redditi. Le due precisazioni principali della circolare sono proprio queste, una valutazione precisa del profilo fiscale dell’istituto. Solitamente, nel trust c’è un soggetto che trasferisce alcuni beni di cui è proprietario, designando un gestore (il “trustee”) per la relativa amministrazione. Pertanto, appare chiaro che nell’ipotesi di una semplice interposizione nel possesso, la validità fiscale non ha alcuna ragione di esistere.
Tra l’altro, la Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985 precisa nel dettaglio tutti gli elementi necessari per modellare il profilo di uno specifico trust, elementi che devono essere riscontrati volta per volta; il reddito viene solitamente sottoposto a tassazione nel nostro paese quando va a costituire un reddito da capitale, senza fare riferimento alla residenza territoriale. Tutto questo vuol dire che anche se vi dovesse essere un trust di origine straniera che è destinato a dei soggetti che risiedono in Italia, allora l’imposizione tributaria è proprio quella della nazione di residenza.